Il mio “nome” quando dipingo è "iesa". Non è uno pseudonimo né un nome d’arte. E' il mio appellativo in famiglia fin da quando ero piccola.
Nella maggior parte dei casi, sono Mariateresa Provenzano.
Vivo in un quartiere che invoglia alla creatività: il rione Borgo, appoggiato da una parte a Piazza San Pietro e dall’altra a Castel Sant’Angelo. Dal mio piccolo laboratorio vedo il Passetto di Borgo e un cortile interno con begli alberi, contornato da palazzi che mi fanno respirare un’aria da piccolo paese.
Fino a qualche anno fa, sono stata "iesa" per una stretta cerchia di persone. Per tutti sono stata solo Mariateresa Provenzano e ho fatto e faccio il libero professionista, consulente, formatore , docente...
Come Mariateresa e come "iesa" (ancor prima che questa si esprimesse nella pittura) ho vissuto la mia vita affettiva ed emotiva, di madre, di figlia, di legami forti, di amicizie ...di lunghi cammini nomadi in solitaria. Il camminare itinerante è una passione, il viaggio a piedi mi fa dimenticare la razionalità e mette in moto emotività, percezioni, creatività.
Iesa, con la sua voglia di esprimersi con pennelli e colori, ci ha messo molto a venir fuori dal nascondiglio. Si preparava lentamente, con tante timidezze. E’ andando a piedi che ho cominciato a immaginare grandi dipinti, tanti colori a volte confusi, a volte molto vividi. Guardare i quadri altrui era una felicità ma anche un rammarico: magari avessi il coraggio di mostrare una mia tela! Poi pensavo che quel paesaggio fosse stupendo perché reale, non era un quadro! Non avrei mai potuto ricreare tanta bellezza.
Dopo un lungo periodo di giochi con la carta, le fotografie, l'acrilico e gli acquerelli che in qualche modo mi aiutavano comunque a “tirar fuori” le mie percezioni, un giorno decido: la creatività artistica di "iesa" deve venir fuori strutturando la pittura. E’ un'amica, come sempre, che mi spinge. Vai cerca una scuola, lì troverai il coraggio. Ho deciso, accoglierò creativamente "iesa", facendo si che con Mariateresa si integri armoniosamente, senza schizofreniche alternanze, in un tutto armonioso per far sì che il dipingere sia un modo per comunicare con me stessa prima che con gli altri.
Trovo la scuola: la casa internazionale delle donne, insegnante Zeila Granata. Magnifico. Consiglia, non impone, lascia liberi di muoversi su fogli e tele come si desidera, incoraggia. E’ il mio inizio, lì, insieme alle altre appassionate “pittrici”. Ma è nel mio piccolo studio che trovo la migliore atmosfera per dipingere. Per me è più il tempo di riflessione su un quadro, ancora prima che sia su tela, che non il dipingerlo. Poi, all’improvviso, realizzo con foga, devo ricreare il vuoto per poi riempire di nuovo, con una nuova immagine, non cerco l’accuratezza ma lo sforzo è nel cogliere almeno un frammento di ciò che ho immaginato.
E così vanno pennelli, colori e spatole. E' nel mio piccolo laboratorio che sperimento e mi diverto con il materico: sabbia, gesso, riso, reti ...plastica riciclata.
Poi, come sempre, si ha bisogno di nuovi stimoli. E allora cambio scuola e arrivo a “La porta blu” insegnante Alberto Parres.
E' stato il posto perfetto per me. Una nuova prospettiva, un nuovo modo di vedere creatività ed arte. La personalità di Alberto incombe su quei grandi fogli, in quel grande spazio e così imparo a cercare con calma, pazienza, il mio vero segno.
Ma poi ho bisogno di un mio spazio. Prima il mio piccolo laboratorio a Borgo, poi Civitavecchia e ora, ancora in "sistemazione" Fregene. Il richiamo del mare e' nei miei piccoli laboratori che vivo la liberta' con il mio “segno” che anche se appare spesso diverso su ogni quadro, è, come mi ha insegnato Alberto, la vera impronta digitale della pittura.